L’Italia stereotipata

Sono stato in Erasmus in Spagna fino a qualche mese fa. Ho sperimentato ciò che credo ogni cittadino del bel Paese prova all’estero. Appena venuto a contatto con la popolazione, dopo aver dichiarato la mia nazionalità tricolore, mi sono trovato puntualmente dinanzi a qualcuno che stringendo le dita della mano iniziava a muoverla su e giù dinanzi a sé esclamando “mamma mia” con intonazione rubata a Mario Bros. Poco potevano i miei tentativi di spiegare la complessità, la bellezza del paese in cui vivo. Il rinascimento e l’Impero Romano non potevano nulla contro lo tsunami di meme fatti sull’Italia. Venivo puntualmente travolto da un’onda di battute, gesti, luoghi comuni che volevano definirmi in quanto italiano.

Osservavo anche una certa delusione stizzita negli occhi dei miei interlocutori stranieri quando notavano che non rispondevo al canone d’italianità che loro avevano in testa. In quei momenti mi assaliva il dubbio di non essere veramente italiano. Sprovvisto di canottiera sporca di pomodoro e crocifisso al collo, dovevo costantemente controllare la mia carta di identità per ricordarmi che sì, vengo dal Bel Paese. Tutti le nazioni sono stereotipate attraverso una serie di simboli e luoghi comuni, serve a dare una identità semplificata agli altri, l’Italia è però probabilmente uno dei paesi più stereotipati al mondo.

Pasta mafia e mandolino

Di stereotipi sulla nostra nazione ce ne sono centinaia, tanto che non mi basterebbe un libro per elencarli tutti. Alcuni, però, sono più comuni di altri, talmente tanto da identificare veramente l’Italia in maniera immediata agli occhi di qualsiasi osservatore esterno.

Il primo è sicuramente legato al cibo, un elemento sul quale dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale abbiamo costruito il nostro orgoglio patrio. Abbiamo lasciato perdere le guerre per combattere fino all’ultima polpetta nei contest di cucina, è un grande passo di civiltà.

Prendiamo il cibo terribilmente sul serio, è vero; mangiamo meglio di quasi tutti gli altri popoli, anche questo è vero; ci arrabbiamo se violentano i nostri piatti tipici con porcate inenarrabili tipo il celebre ananas sulla pizza, verissimo; però non siamo ossessionati 24 ore su 24 dalla cucina come pensano oltralpe. Stiamo arrivando a un punto in cui da italiano all’estero non puoi parlare di null’altro che non sia il cibo e le tue ipotetiche reazioni alle loro stravaganze. Certo, noi ci abbiamo messo del nostro esasperando questo nostro aspetto nel momento in cui ci troviamo a confrontarci con altri popoli e usanze culinarie. La pagina “Italians mad at food” ne è un esempio cristallino.

Altro luogo comune che plasma la nostra identità è il gesticolare. “Italians talk with their hands” ci si sente sempre dire, accompagnato dall’immancabile gesto del “che cazzo vuoi” usato in maniera inappropriata. Anche in questo caso lo stereotipo si basa su di un dato di realtà. Gesticoliamo eccome, molto di più dei popoli nordici che spesso parlano immobili come dei baccalà. L’italiano è una lingua teatrale, indefinita, che abbisogna di espressività corporea per dare una intonazione a parole altrimenti ambigue. Il modo in cui questo viene interpretato all’estero è però esagerato e fastidioso. Il problema è che se da italiano reagisci stizzito a questo atteggiamento, la prima cosa che ti viene da fare è il gesto “Ma che cazzo vuoi”, è un circolo vizioso.

Mafia e Berlusconi

Ci sono anche stereotipi più politici, più significativi, che fanno meno ridere e più riflettere. Il primo è quello relativo alla mafia. Quando vai all’estero ti accorgi come il fenomeno mafioso sia travisato e percepito in maniera distorta. Appena arrivato in Spagna ho notato l’insegna di un ristorante italiano (non gestito da italiani), si chiama “la mafia se sienta en la mesa”, la mafia si siede a tavola. In Italia non potrebbe esistere un posto del genere. All’estero la mafia non è percepita come dramma, ma come fenomeno quasi comico, macchiettistico, che si fonde con le caratteristiche familistiche un po’ di tutti gli italiani. Di certo hanno contribuito a questo fenomeno i film del padrino, per cui pensano che parliamo tutti con accento siciliano andando in giro a fare proposte che non si possono rifiutare, oltre che le serie true crime tipo Gomorra, le quali hanno sinceramente sfracellato le gonadi.

Infine, a caratterizzare l’italianità all’estero negli ultimi anni c’è sempre stato lui, il Cavaliere, Silvio Berlusconi. Nell’elenco di sterotipi sparati fuori dai non italiani lui c’è sempre, malgrado la sua calante fortuna politica e biologica. Tutto il suo repertorio di corna nelle foto del G8, di apprezzamenti non troppo gentili a Michelle Obama e di cucù alla Merkel si sono sublimati in un tratto identitario del nostro popolo. Tuttavia, avendolo votato 3 volte presidente del consiglio e ce lo ritroviamo redivivo in senato a 86 anni, dopo un ventennio di scandali, forse su questo non ci possiamo lamentare.


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