L’altra faccia dell’attivismo: la divulgazione sui social

Ah, questi social, sempre presenti in una miriade di discorsi attuali e al centro di dibattiti e opinioni. Questo perché, che lo vogliate o meno, sono una parte centrale e ormai indissolubile della nostra vita, della nostra quotidianità. Social network, app, siti, blog, Youtube, e altri ancora sono installati automaticamente, chi più e chi meno, sui nostri dispositivi elettronici e ci consentono di navigare su un’infinità di siti e di interagire con il mondo esterno quando e come vogliamo.

Divulgazione

Una funzione, tra le più comuni e utilizzate, di questi meccanismi è quella di divulgare, condividere, esternare opinioni, notizie e avvenimenti. Per esempio, Facebook è uno, se non il più grande, trasportatore di news, vicende e altro. Sapete benissimo la quantità enorme di post di attualità che per esempio troviamo sulle nostre bacheche durante una singola giornata. Centinaia e centinaia di informazioni che arrivano da decine di siti e pagine diverse. Insomma, un mix enorme di elementi a cui attingere.

Questo soprattutto per quanto riguarda le fonti ufficiali. Ovvero, le notizie di cronaca o di altre materie che in teoria dovrebbero arrivare da canali d’informazione specializzati, come quotidiani, riviste scientifiche, pagine d’approfondimento, canali tv e altro. Questo lato dei social è positivo, in quanto riusciamo ad essere sempre aggiornati “live” su ciò che accade intorno a noi e possiamo farlo con un occhio critico particolare, visto il numero enorme di fonti diverse a disposizione.

Punti negativi

Gli aspetti positivi sono però accompagnati da alcuni punti negativi. Il più noto deriva dal fatto che anche chi non è competente in certe materie può parlare al riguardo ed esprimere qualsiasi tipo di giudizio. Facciamo un esempio che capiamo meglio ed evitiamo di essere fraintesi. Banalmente se pensiamo a tutte le notizie che abbiamo letto, ricevuto, condiviso, sentito a proposito del Covid-19 in questi due anni potremmo scrivere decine e decine di libri.

Bene, ora pensiamo da chi abbiamo ricevuto queste notizie: da medici, dai rappresentanti del Governo, da fonti ufficiali di cronaca, dai giornali, da esperti del settore e altro ancora. Le info ricevute da questi canali si reputano, almeno in teoria, ufficiali e veritiere; perciò, da cittadini informati, civili e non esperti nel campo della medicina ci affidiamo a quello che tali risorse ci offrono.

Fino a qui tutto ok se non fosse che, nelle migliaia di notizie, trova spazio anche chi di scienza, fisica, virologia non ne sa, e nonostante questo, afferma di sapere quale sia la soluzione al problema e fornisce interventi personali che di vero e provato non hanno nulla.

“Guardate che non è così”, “Se è come il raffreddore basta prendere della vitamina C in più e ti passa”, “La mascherina non serve a niente ve lo dico io”. Queste sono solo una milionesima parte dei “consigli” dei tuttologi del web trovati in questo periodo di pandemia. Ecco perché vi parlavo di competenza e affidabilità…

Dal punto di vista dei social, se tale comportamento si limitasse per esempio solo al commento degli articoli, il problema potrebbe arginarsi da solo. Il punto è che le persone sui social non sanno fermarsi. E non lo vogliono nemmeno fare. Da cosa nasce cosa si dice, e sono infatti nate nel corso di questi due anni, una serie infinita di fake news riguardo alla pandemia. Parte tutto dal basso, e basta poco affinché quello che vogliamo arrivi a chiunque. In tale modo però l’utente disinformato influenza in maniera errata gli altri.

Sottovalutazione

Un altro punto negativo di una divulgazione non competente attraverso i social è il fatto che condividere informazioni fasulle, errate o insufficienti può provocare una sottovalutazione generale, per esempio, di un problema complesso e importante (vedi appunto Covid-19). È inammissibile da un punto di vista sociale, pensare di lasciare maggior spazio ad individui poco o per nulla competenti in determinati temi, e ridurre invece la visibilità di chi, attraverso ricerche, studi e fonti ufficiali cerca di analizzare i problemi in modo meticoloso e approfondito.

Si tende alle volte a generalizzare un problema e quindi a renderlo all’apparenza facilmente risolvibile e intuibile. E questa caratteristica ha portato spesso, soprattutto in questi anni di pandemia, ma non solo, anche a ridurre il valore della ricerca e della scienza per esempio. In parole povere per molti è più facile ascoltare e seguire il “tuttologo” di turno del bar rispetto a un ricercatore o studioso. Questo perché il “tuttologo” riesce a far sembrare tutto facile e ovvio quando in realtà non è così per nulla.

La questione rimane sempre la medesima: i social sono una macchina e un aiuto potentissimo ma che bisogna saper utilizzare in maniera corretta e lucida. Diffidate da chi vi propone soluzioni facili e veloci. È necessari nel momento che ci informiamo sui social network, farlo sempre con spirito critico e attenzione, controllando in maniera meticolosa le fonti a cui facciamo riferimento.

 


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