Non esistono lavori maschili o femminili

Il mercato del lavoro è sessuato, ma quanto è ancora sessista?”  

Storicamente, a entrambi i sessi vengono associati degli impieghi. Quando uomini o donne rompono questi schemi sociali, decidendo di intraprendere una carriera lavorativa considerata del genere opposto, violano, metaforicamente, una legge inespressa. La società reagisce, si contrae nel tentativo di far tornare tutto allo status quo.  

Gendered work lavoro di genere è un termine relativamente nuovo, il quale però rimanda a una tematica ormai secolare. Fa riferimento alla definizione stessa di lavoro, di come esso viene organizzato, diviso e valutato in modo che possa rispecchiare modelli di relazioni preesistenti tra uomini e donne. Ad acuire la complessità del fenomeno della concezione di lavori di genere va preso in considerazione che non solo è influenzabile dal sesso, ma anche dalle condizioni sociali, dall’etnia, dall’età e dalla percezione comune di maschile e femminile.   

Stereotipi di genere

Le donne hanno sempre adempiuto a mansioni necessarie, fondamentali per la nostra sopravvivenza, ma mai considerate un lavoro o degne di tale nome, svolte, quindi, gratuitamente. Conseguentemente queste sono diventate il retaggio della concezione socioculturale attuale dell’impiego femminile: l’infermiera, la casalinga, la maestra. Quest’ultimo spesso visto come un’estensione del ruolo materno nella cura del bambino. Analogamente gli uomini sono stati associati a professioni più fisiche o con maggiore responsabilità. Responsabilità distribuita in maniera non paritaria anche in ambienti lavorativi a maggioranza femminile, dove è osservabile un minore potere decisionale o possibilità di esercizio dell’autorità. Questi stereotipi di genere hanno radici così profonde da influenzare anche la società odierna sin dalla più tenera età. I libri per bambini sono generalmente infarciti di luoghi comuni e pregiudizi. La scuola stessa, spesso, si fa portatrice di concezioni desuete come l’attitudine delle ragazze alle materie umanistiche, mentre la matematica e le scienze vengono ancora considerate cose da uomini.  

Il lavoro nobilita l’uomo 

Quando un individuo di sesso maschile si trova a intraprendere una carriera lavorativa comunemente percepita come femminile, le discriminazioni sono, molte volte, solamente iniziali e perpetrate, nella maggior parte dei casi, da altri uomini. Per le donne viene invece riservato un trattamento molto differente. Stereotipi sessisti, pregiudizi e disparità salariale sono le caratteristiche del lavoro femminile. Secondo i dati forniti dall’International Labour Organization è molto più difficile per le donne trovare un impiego giustamente retribuito, sicuro e con possibilità di crescita. Le analisi mostrano inoltre come la percentuale della partecipazione alla forza lavoro, ovvero persone impiegate o che attivamente cercano un impiego, sia costituita solo al 49% da donne. Il tasso di disoccupazione femminile, che nel mondo supera il 16%, viene acuito dalle condizioni precarie nelle quali moltissime sono costrette a lavorare. In Paesi come Africa, soprattutto nel Nordest, dove la percentuale di donne disoccupate triplica rispetto agli uomini, e Asia, dove la certezza di un lavoro stabile è riservata a pochi.

Gender Gap

Il World Economic Forum, grazie ai dati raccolti per il Global Gender Gap Report 2021, ha potuto affermare che la situazione già esistente di disparità di genere tra i lavoratori ha visto l’aggravarsi della problematica anche a causa della pandemia dovuta al COVID-19. Nonostante le donne abbiano ricoperto un ruolo cruciale nell’affrontare la crisi sanitaria, in prima linea come operatori sanitari, l’emergenza ha minato le possibilità di progresso e creazione di ambienti lavorativi più inclusivi. A livello globale si è infatti perso quasi un punto percentuale rispetto al 2020 nel raggiungimento della parità. Secondo le stime ci vorranno 135.6 anni per poter dichiarare finalmente equi uomini e donne. Il divario più grande ha luogo nella politica, uno dei benchmark chiave di questa analisi. Su 156 Paesi solo il 22,6% delle persone che ricoprono la carica di ministro sono di sesso femminile.  

Attualmente l’Islanda, guidata dalla premier Katrín Jakobsdóttir, è il Paese dal punto di vista lavorativo, e non solo, più equo al mondo e secondo il Global Gender Gap Report 2021, detentore di questo primato per la dodicesima volta. L’Italia, al sessantatreesimo posto, ha visto un miglioramento rispetto all’anno precedente guadagnando ben tredici posizioni.  

Fonti:

ilo.org

weforum.org

eige.europa.eu 


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