Perchè l’Italia non ha centrali nucleari?

La proposta di adozione dell’energia nucleare in Italia ritorna ad essere un tema caldo sul tavolo delle proposte energetiche per combattere la crisi. Perché l’Italia non adotta il nucleare?

I rischi e motivazioni dietro l’astensione del bel paese da una tra le fonti di energia più importanti al mondo sono molti.

Introduzione

La guerra Russo-Ucraina rischia seriamente di danneggiare l’economia italiana. Nelle ultime settimane, il prezzo delle risorse energetiche come gas e petrolio è schizzato ai massimi storici.

Non è un mistero che l’autosostentamento energetico della penisola italiana sia sempre stato un sogno utopico a causa della scarsa quantità di risorse presenti all’interno del territorio. Difatti, come noto, il 40% del gas di cui usufruiamo proviene dalla Russia, grazie ai gasdotti gestiti dalla multinazionale Gazprom, che congiungono le province dello Zar col resto d’Europa, ed il restante dal Maghreb, specialmente da parte di Algeria e Libia.

Medesima situazione, in termini d’importazione estera, per quanto riguarda il petrolio. Il 34% del fabbisogno energetico dei paesi OCSE dipende dalle esportazioni russe. Tra questi ci sono alcune nazioni che dipendono in maniera preponderante dal greggio di Putin, in particolare Lituania (83%), Finlandia (80%) e Slovacchia (74%), mentre tra i mercati principali spicca il 30% della Germania e il 23% dei Paesi Bassi.

La domanda, a questo punto legittima è: perché l’Italia non adotta il nucleare?

Il nucleare in Italia

L’Italia in realtà ha già percorso questa strada. Per quasi trent’anni, dal 1963 al 1990 le cinque centrali nucleari di Sessa Aurunca, Latina, Montalto di Castro, Caorso e Trino , hanno operato a pieno regime.

Seppur il loro uso fosse per soli scopi energetici per via delle dure sanzioni contro l’Italia, a seguito degli eventi della Seconda guerra mondiale, esse condussero l’Italia a diventare nel 1966, il terzo produttore al mondo dopo USA e Inghilterra.

Nei decenni successivi, il declino degli stabili dettato dall’anti economicità delle riparazioni degli impianti e soprattutto dalla paura scatenata tra il 1979 e il 1986 dagli incidenti di Three Miles Island e Chernobyl, portarono a un referendum sull’abolizione del nucleare in Italia.

Il referendum ebbe luogo nel 1987, riscontrando risultati schiaccianti: l’80% dei votanti fu favore dell’abolizione, decretando difatti, la fine del nucleare italiano.

Pro e contro il nucleare

Altre motivazioni tecniche contrarie all’adozione del nucleare, sono state fornite nel corso degli anni da gruppi di specialisti ed hanno tutte natura differente:

  • L’elevato rischio sismico al quale è sottoposto il nostro territorio;
  • Lo smaltimento delle scorie, tutt’ora mai delineato, che potrebbe comportare problemi a lungo termine per fauna, ambiente e popolazione del territorio;
  • I costi sugli impianti nucleari che si ripagano soltanto dopo dieci anni di attività;
  • Possibili mal gestioni e affari illeciti mafiosi dietro lo sfruttamento di tali attività.

D’altro canto, altrettanti sono i vantaggi offerti dai procedimenti di fissione e fusione alla base dello sfruttamento del nocciolo o reattore, e che fanno gola alle industrie e associazioni promotrici dello sviluppo dell’energia nucleare:

  • Il tasso di mortalità per energia prodotta che vede le vittime del nucleare agli ultimi posti della graduatoria stilata dall’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, preceduti da petrolio, biomasse, gas naturale, idroelettrico, solare ed eolico;
  • La non emissione di gas serra derivante dai procedimenti di generazione di energia nucleare;
  • Autosostentamento energetico delle centrali, che utilizzano una parte dell’energia generata per autoalimentarsi;
  • Produzione in vasta scala: da una piccola quantità di uranio è possibile produrre una mole di energia gigantesca.

Conclusioni

A prescindere dalle motivazioni contrarie e a favore dell’utilizzo dell’energia nucleare, il problema in Italia resta.

L’insufficienza energetica è uno dei principali problemi di bilancio e debito italiano, le spese annuali derivanti dall’importazione di energia, risultano ben superiori ai ricavi dei settori italiani di punta: l’alta moda, medicinali e prodotti farmaceutici, autoveicoli e lo sviluppo delle piccole e medie imprese.

L’adozione di un tipo di energia a basso sostentamento, specie se comparata a mezzo secolo fa, potrebbe parzialmente alleggerire i carichi di bilancio e consentire al paese di tenere duro in caso di future crisi energetiche.

Soprattutto tenendo conto dei progressi fatti in campo nucleare, che lo hanno portato a ricoprire il 10% del fabbisogno mondiale d’energia.

Cosa da non poco se consideriamo che si tratta di una fonte d’energia praticamente inesauribile per il rapporto consumo-produzione, e che, se affiancata allo sviluppo di forme di energia rinnovabili, meno potenti ma, indipendenti da qualsiasi importazione transnazionale, potrebbero in un futuro non troppo lontano sancire un definitivo autosostentamento nazionale.

 


 

Fonti:

wikipedia.org

eni.com

okpedia.it

clubinbuonemani.it

motor1.com

studiokom.it

Credits:

Kaboompics.com

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