Gli uomini e le donne che resistono

La guerra in Ucraina si è ormai avviata a superare i 3 mesi di durata e per ora non si intravede ancora la sua fine. In queste settimane abbiamo assistito ad una serie di attacchi di cui ormai abbiamo perso il conto. Come tutte le guerre però, anche questa non si combatte solo sui campi di battaglia in territorio ucraino. È una guerra anche mediatica, dove si contrappongono da una parte la propaganda russa e dell’altra quella occidentale. La resistenza alla guerra è forte e non è presente solo in Ucraina.

Dissenso e resistenza

La Russia ha dichiarato fin dall’inizio al suo popolo che questa campagna non è altro che una missione di pace, per ristabilire, tra le altre cose, equilibrio nei territori del Donbass e per spazzare (dal loro punto di vista) la minaccia nazista che si trova in quei territori e in Ucraina.

I media russi, come ben immaginabile, guidati dal governo centrale, fanno apparire il Paese unito, dove nessuno è contrario a quanto sta succedendo. Ma non è proprio così. Son tanti ormai gli esempi, singoli o collettivi, che dimostrano che il dissenso verso Putin e verso la sua linea sono condivisi da molti.

Come i numerosi scontri in piazza, dove donne, uomini, giovani e anziani, in maniera pacifica, stanno cercando di farsi sentire e di provare a dare un contributo per fermare questo conflitto. A marzo, per esempio, si contavano già circa 11.000 arresti dallo scoppio della guerra. Le immagini parlano da sole: camionette della polizia russa, che già di fama non è riconosciuta come una delle più concilianti, sulle quali vengono caricate decine e decine di persone alla volta. E la domanda sorge spontanea vedendo quelle situazioni. Che fine faranno quelle persone? Ritorneranno mai a casa?

Una di queste protestanti è stata un’anziana signora che manifestava a San Pietroburgo semplicemente con un cartello che riportava: “Soldato, lascia cadere la tua arma e sarai un vero eroe!”. La donna, in silenzio, circondata da una folla che la sosteneva, è stata poi scortata dalla polizia verso una delle camionette di cui sopra. Ciò testimonia che anche il silenzio inteso come dissenso e delle semplici parole danno enorme fastidio al regime.

Hanno fatto il giro del mondo anche le immagini di Marina Ovsyannikova, giornalista russa, che durante il tg nazionale Russia 1 ha interrotto la trasmissione presentandosi con un cartello che esclamava: “No alla guerra, stop alla guerra. Non credete alla propaganda, vi stanno mentendo»; e più sotto «russi contro la guerra”. La donna è stata arrestata quasi immediatamente, multata e poi rilasciata.

Un ennesimo esempio è rappresentato dalla situazione di Vladimir Kara-Murza, oppositore russo che rischia fino a 15 anni di carcere per diffusione di “notizie false”, secondo il Cremlino, sulla guerra in Ucraina.

La solita storia

Insomma, verrebbe da dire la solita routine da regime. Il governo centrale autoritario che impone, decide per l’intero popolo e una parte della popolazione che non ci sta prova a farsi sentire e a ribellarsi ma viene costantemente oppressa e messa fuori gioco.

Tutto questo però significa che anche in Russia qualcuno resiste. E questa resistenza è condivisa, al contrario di quello che si può pensare e che ci vorrebbero far credere. E questa resistenza è dura da tenere nascosta. I fatti riportati sopra lo dimostrano. È forse una delle poche volte in cui il governo di Mosca, da quando Putin ne è a capo, è messo in discussione dal proprio popolo. Addirittura, girano voci di dissenso ai piani alti, di persone vicine al Presidente.

Vecchia e nuova resistenza

La forza delle persone è ancora un elemento determinante, capace di smuovere interi paesi e la storia stessa. La resistenza italiana durante il secondo conflitto mondiale ne è un esempio ancora attuale. Anche in uno dei regimi più controllati come quello russo c’è chi ha il coraggio e la forza di uscire allo scoperto e battersi.

Il paragone con la resistenza italiana non è banale. Per alcuni punti di vista sono simili, nel senso che entrambi partono dal basso, dalla gente comune. Entrambi sanno e sapevano a cosa vanno incontro nel momento in cui dovessero essere scoperti, ma questo non li ferma. Gli ideali in cui credo sono più forti della paura di essere arrestati o addirittura fatti fuori.

La resistenza delle donne e degli uomini russi di queste settimane si basa anche sul senso di fraternità che l’uomo non riesce a non fare emergere. Perché rischiare la propria vita o immagine per qualcosa che non ci tocca direttamente? Perché queste persone si fanno avanti in difesa gli altri? Sicuramente non per comodità, ma di sicuro perché sentono che quello che sta accadendo è disumano e non prova altro che dolore e sofferenze. Gino Strada ci insegna che in una guerra più del 90% delle vittime sono civili. Vuol dire che, per esempio, su 10 000 morti più di 9000 sono bambini, donne, uomini o anziani che la guerra non l’avrebbero mai iniziata. E forse è proprio perché davanti a queste ingiustizie non si può restare immobili che le persone rischiano per prime.


Fonti:

ilsole24ore.com

repubblica.it

amnesty.it

Credits:

copertina

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