La pericolosità dei social network

I social network ci hanno cambiato la vita. Tanto che ancora oggi non sappiamo descrivere la portata di questa rivoluzione in modo preciso, soprattutto per quelli che come me appartengono alla generazione nata negli anni Novanta. Per non parlare dei cosiddetti nativi digitali, ossia coloro che sono nati con gli strumenti come Internet all’interno del proprio DNA. Indubbiamente, i social network hanno influenzato qualsiasi categoria di persone, tant’è che oggi Facebook è molto più frequentato dagli over 50 che dagli adolescenti, che fino a una decina d’anni fa ne erano i protagonisti. Ma di social ce ne sono tanti, spuntano come funghi oserei dire, e ognuno ha le sue peculiarità e frequentatori più accaniti. Non solo in termini di età, ma anche di categorie, se così possiamo definirle.

Tra Facebook, Twitter, Instagram, ma anche YouTube

Okay, adesso qualcuno, leggendo l’articolo, avrà storto il naso perché ho osato dividere le persone in categorie. Scusate se ho offeso qualcuno, ma mi stavo riferendo al tipo di utenza che popola i vari social. Per esempio, Twitch, che è una piattaforma di streaming video, viene utilizzata prevalentemente dai gamer (ma non solo). TikTok invece, il social più scaricato dall’inizio della pandemia, è sempre stato altamente popolare tra gli under 18, ma ora anche i cosiddetti millennials e target un po’ più anziani si stanno addentrando in questo magico mondo. E vi stupirò, non ci sono solo balletti e canzoncine, ma anche tutorial e video-pillole. Non male per un social da bambini, no? E poi Instagram, la vetrina patinata del mondo, come mi piace chiamarlo, dove tutti sono fotografi e imprenditori living their best life (i.e. che vivono la loro miglior vita). E come scordarsi il neonato Clubhouse (è arrivato in Italia solamente a gennaio 2021), il social vocale di cui abbiamo anche parlato in questo articolo.

I social network e la quotidianità

Se ci riflettiamo seriamente e in modo distaccato, possiamo benissimo capire che tutte queste piattaforme hanno cambiato profondamente il nostro modo di vivere la vita quotidiana, le nostre routine, la visione del mondo e le informazioni che su di esso circolano, apportando una vera e propria rivoluzione. Basti pensare che i social nel complesso contano 3,5 miliardi di utenti attivi ogni singolo giorno, praticamente quasi la metà della popolazione mondiale!

Ma non solo, alcuni studi rivelano che in media ogni individuo passa circa tre ore al giorno sulle piattaforme: avete letto bene, tre fottutissime ore passate davanti a uno schermo per puro cazzeggio. Passatemi i termini, ma non potevo non essere colorita nelle espressioni. Praticamente, ognuno di noi vive due vite: una nel mondo reale, e un’altra sui social, il mondo virtuale.

Le insidie sono dietro l’angolo

Già solo con questi dati stratosferici non può non venire da sé, purtroppo, che i pericoli nascosti in ogni social network sono numerosi. I social non sono solo un luogo di condivisione e spensieratezza, un luogo di incontro con vecchi amici o dove conoscere nuove persone. Essi sono anche bersaglio di azioni criminali, così come portatori di fake news, e capaci di contribuire a plasmare la visione che gli utenti hanno di un fenomeno.

Un esempio pratico

Mi spiego meglio con un esempio: TikTok è frequentato specialmente da ragazzini, che spesso non sono neanche maggiorenni e stanno attraversando la delicata fase dell’adolescenza. In quanto è un dato di fatto che in questo periodo della vita si è vulnerabili, in particolare per quanto concerne la percezione di sé e della propria identità, è facile intuire come delle nozioni sbagliate diffuse su questo social possano avere conseguenze dirette sugli utenti in questa fascia d’età. Per esempio, video violenti o di bullismo possono influenzare in modo negativo la mente di un adolescente, portandolo a emulare tali atteggiamenti. Attenzione, non sto dicendo che tutto ciò che viene visto verrà poi per forza replicato da un ragazzino, né che essi non siano capaci di ragionare, sia mai! Ma proprio perché gli adolescenti sono in una fase di cambiamento, interpretano la realtà in modo personale.

I minorenni e la pericolosità dei social network

Il recente caso di Antonella, la bimba siciliana di 10 anni morta asfissiata per una sfida social è la dimostrazione di quanto scritto sopra. E che i minorenni, soprattutto in età così tenera, non dovrebbero stare sui social. Ma purtroppo, per impedire o perlomeno tutelare i ragazzini che regolarmente pubblicano la loro vita su queste piattaforme, si può solamente fare affidamento ai loro tutori, ossia i genitori o familiari che se ne occupano. È fondamentale che questi ultimi siano a conoscenza di ciò che i loro figli fanno con i loro dispositivi tecnologici: dovrebbero accompagnare i minori nel mondo dei social e istruirli su ciò che incontrano. Il problema è che molto spesso i genitori stessi non hanno ben chiare le dinamiche e il funzionamento di tutti i social, e preferiscono far finta di niente. È così che si crea un vuoto tra il bambino e lo strumento, che porterà inevitabilmente a un uso scorretto delle piattaforme.

La pericolosità dei social network non è solo per i minori

Quello della bimba di Palermo è un caso estremo, ma oltre a testimoniare che spesso i genitori in realtà non sanno nulla di cosa facciano i propri figli online, esso fa emergere un altro problema, che è in realtà potenzialmente comune a tutte le fasce d’età: quello della cyber-criminalità.

Infatti, sebbene in questo caso specifico non si possa parlare di criminalità informatica, le minacce date dall’utilizzo dei social in questo senso sono elevatissime. Solo qualche settimana fa, per esempio, si è appreso che circa 533 milioni di profili Facebook sono stati violati, e i dati pubblicati online sul dark web per essere rivenduti al miglior offerente. Questo perché i social cercano di proteggere la nostra privacy, ma molto spesso non ci riescono poiché non fanno abbastanza. Inoltre, i cybercriminali lavorano proprio per lucrare sulle falle dei sistemi e dei computer, rivendendo dati o compiendo azioni illegali a insaputa dell’utente il cui PC o la cui identità viene sfruttata.

Crimini informatici legati ai social (e non)

Addirittura, sui social troviamo moltissime problematiche relative al sesso, al gioco d’azzardo, alla droga. Si arriva così al discorso ransomware, ovvero virus informatici con cui i criminali infettano il nostro computer per chiedere un riscatto. Oppure il phishing, truffe in cui si adescano le vittime promettendo un beneficio o portando alla luce qualcosa di eclatante se si clicca su un link (o su una mail). In realtà queste tecniche sono volte a rubare i dati personali, spesso con conseguenze sul portafoglio dei malcapitati. I cybercrimini durante l’anno 2020 hanno inoltre avuto un incremento del 12% a livello globale (rapport Clusit) anche a causa della pandemia, molto spesso sfruttata essa stessa come oggetto di campagne malevole. Il cybercrimine, perciò, può colpire sia il singolo individuo, che grosse aziende. Ma per proteggerci e rimanere più sul pezzo dobbiamo per forza parlare di privacy, l’insidia principale quando si parla di social.

Privacy: un’eterna sfida

Alzi la mano chi ha mai letto tutti i termini e condizioni d’uso di Instagram, Snapchat, Facebook, ecc. Bene, inizio io a non alzarla. Diciamoci la verità, da quando sono nati i social, non ho ancora conosciuto nessuno che mi sia venuto a parlare entusiasticamente del punto 2 comma 3 contenuto nelle condizioni d’uso di Facebook. Perché non è che sia un argomento poi così entusiasmante.

In realtà però dovrebbe interessarci tutti personalmente. Certo, penso anche che se tutti le leggessimo, metà degli utenti di Facebook non si sarebbe nemmeno iscritta. Sempre che tutti riescano a capire il contenuto di queste benedette informative sulla privacy. Tante volte tali papiri sono oltremodo macchinosi da capire, e la gente rinuncia in partenza proprio per questo.

Ma parliamoci chiaro: Facebook, e tutti i social network, sono macchine pubblicitarie, si nutrono dei nostri dati, li prendono, li sbattono a destra e a manca, li rielaborano, e li vendono, il tutto perché noi abbiamo cliccato un banale alla domanda: “Vuoi consentire a Facebook di utilizzare i cookie e condividerli con terze parti?“. E anche perché se avessimo cliccato no, non avremmo potuto proseguire con l’utilizzo di tale piattaforma. Questo fanno i social: consentono un libero utilizzo, a patto che noi utenti concediamo i nostri dati.

È possibile sentirsi un po’ meno spiati?

Ci si può sentire un po’ meno sotto osservazione utilizzando i social? Be’ ragazzi, se volete la privacy totale non dovreste nemmeno iscrivervi, detto in tutta onestà. Basta ricordare lo scandalo Cambridge Analytica nel 2018, in cui si scoprì che i dati di 87 milioni di utenti erano stati utilizzati per manipolare gli esiti delle elezioni USA, per capire quanto queste piattaforme lucrino su di noi. Mica chiamano i dati digitali il nuovo oro per caso. In questa occasione che portò poi all’approvazione di nuove regolamentazioni sulla privacy in Europa, ossia il GDPR, non solo ci fu una chiara violazione della privacy, bensì Facebook si scoprì esserne complice. Sicuramente bisogna perciò evitare di fornire informazioni strettamente personali come il proprio numero di telefono, il luogo di residenza, dati sanitari, e così via. Inoltre, si potrebbe utilizzare un’e-mail obsoleta o non principale, in modo da non intasare la posta, e rifiutare, anche sui siti web generici, i cookie.

Siate cittadini digitali informati!

Insomma, i pericoli dei social network sono numerosi e in continua crescita di pari passo con l’avanzare della digitalizzazione, per questo occorre essere più responsabili e consapevoli di ciò che si condivide online.

 

Fonti:

Oberlo.it


Credits:

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