Sostenibilità e Smart City. Prima parte

Il futuro appartiene a coloro che si preparano per esso oggi.

Malcolm X

Sostenibilità e i suoi miti

Sostenibilità è la parola che più riecheggia sui media da circa dieci anni, o forse poco più. Tutti pensiamo di sapere cosa significhi, talvolta ne abbiamo quasi le scatole piene di sentirla, diciamo la verità. La realtà è che, a oggi, non si fa ancora abbastanza per perseguire nel concreto questo progetto.

Frasi allarmanti quali “siamo al punto di non ritorno” o “il 2020 è l’anno più caldo della storia” restano fino a oggi solo parole spese al vento, senza uno scopo pratico. Gli scienziati, da anni ormai, avvertono che è necessario invertire la rotta, tanto che ci sono giri di scommesse clandestine sul mese in cui verrà dichiarato ancora una volta a gran voce che il processo di distruzione del pianeta è ormai irreversibile.

Quanto sei smart in ambito sostenibilità?

Non c’è nemmeno bisogno di spiegare cosa significhi sostenibilità e tutto ciò che vi ruota attorno, perché ognuno di noi sta accumulando più nozioni su questo argomento che sui dettagli del secondo figlio di Chiara Ferragni, notizia altrettanto rilevante (pensate un po’). Tuttavia, all’atto pratico, cosa facciamo noi per essere più sostenibili? È davvero possibile migliorare la situazione climatica come singoli cittadini? Firmare petizioni con un click ha uno scopo finale, o è solo un modo per sentirci meno in colpa della nostra esistenza?

Il mondo delle petizioni con un click

Innanzitutto, se vi siete messi a rimuginare sulle mille petizioni che avete firmato e che potrebbero essere state vane, non disperate. In realtà, anche aderire a cause online ha una sua utilità, poiché permette di portare all’attenzione di migliaia, talvolta anche milioni, di persone problemi di varia natura, tra cui molto spesso ambientale. Siamo tutti incappati almeno una volta in una raccolta firme per Greenpeace con l’obiettivo di “salvare gli oceani dalla plastica“. Oppure in una richiesta d’aiuto per combattere l’inquinamento su Change.org. Ecco, firmare è sicuramente un primo passo verso l’apertura di un dibattito su qualcosa che ci sta a cuore e in cui molte persone credono, ma di certo non è risolutivo.

Petizioni: rischio immobilismo

Prima di tutto perché, una volta raggiunta la soglia di firme richieste, si potrà passare all’azione appellandosi al Governo, alle Nazioni Unite, o a Gesù e a tutti i santi. E va bene. Ma, fatto ciò, non è detto che chi riceverà la petizione sia disposto ad ascoltarci, o che prenderà in considerazione una proposta. Difatti, è tutto puramente su base volontaria, e gli enti a cui i firmatari avanzano delle richieste non sono per nulla obbligati a risponderne.

Sostenibilità

 

Petizioni parte due: le piattaforme non hanno a cuore la sostenibilità!

In secondo luogo, e questo è un grosso inghippo, alcune piattaforme, o meglio una in particolare – Change.org – non sono affatto enti non-profit volti a ospitare chiunque si batta per una giusta causa qualunque, solamente perché è giusto fare del bene a questo mondo. Il cazzo. Change.org, sebbene il suo dominio web tragga benissimo in inganno, è una società che ha come scopo ultimo il guadagno, traendo profitto dalle cause benefiche proposte dagli utenti. In pratica, la piattaforma si mette a disposizione degli utenti, i quali pagano un servizio a essa, anche attraverso le donazioni che ci vengono richieste dopo aver apposto la nostra firma. Quindi non solo ci laviamo la coscienza comodamente seduti sul nostro divano, pensando di poter fare la differenza a ‘sto mondo senza muovere un dito, in più stiamo anche finanziando una società che sui problemi comuni ci lucra. Allora come fare se, tornando al discorso ambientale, volessimo dare un contributo vero e personale sul tema della sostenibilità?

Possiamo parlare davvero di sostenibilità oggi?

Premetto che siamo già in troppi su questo pianeta per poter avere un qualsiasi tipo di parvenza sostenibile. E che bisognerebbe distruggere completamente il modello consumistico a cui siamo abituati, dalla produzione di massa stessa (non ditemi che sono comunista o estremista, perché nelle tonnellate di vestiti usa-e-getta fabbricate ogni anno o nell’industrializzazione della catena alimentare con sprechi a livelli ridicoli – per usare un eufemismo – bisognerebbe vederci qualcosa di criminale, e che va oltre le ideologie politiche). Eppure, ciononostante, un piccolo apporto può darlo ognuno di noi nella sua quotidianità, semplicemente con piccoli accorgimenti individuali. Per approfondire l’argomento con suggerimenti concreti, vi invito a leggere il mio articolo “Sostenibilità e Smart City. Seconda parte”, che parla proprio di come ognuno può fare la differenza nel concreto, ma anche di come le strutture siano indispensabili. Ma questo è un’altra fetta del discorso.

Per finire (non l’attivismo, bensì il discorso)

Firmare petizioni online non è sufficiente a migliorare il nostro apporto ad un’umanità più sostenibile e rispettosa del pianeta. Contare solo sui grandi numeri e sperare che le cose accadano non è abbastanza, poiché troppo precario e senza un’azione immediata. È proprio per questo che è necessario che ognuno di noi si metta in gioco personalmente nella lotta all’inquinamento, trovando metodi e pratiche, a volte “faticose” e “scomode”, che agiscano sin da subito. Insieme, come piccole api operaie, ce la possiamo fare. Almeno a dimostrare un piccolo barlume di coscienza.

Fonti:

Ultimavoce.it


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